La risposta dei retailers ai rapidi cambiamenti del mercato cinese non è univoca.
Alcune realtà ad esempio, specialmente i grandi gruppi del lusso come LVMH, hanno ridimensionato il numero di aperture previste a favore del consolidamento delle operations per aumentarne la profittabilità.
Altri hanno stravolto completamente l’approccio iniziale abbandonando direttamente il mercato (come Media Markt, Best Buy e Home Depot).
In generale però, la Cina rimane una priorità strategica per molte aziende Retail alla ricerca di mercati in cui espandersi, in particolare, per retailers fast-fashion come H&M, Gap e Uniqlo.
Per poter cogliere nuove opportunità in Cina, è anche importante sottolineare una caratteristica endemica a questo mercato molto frammentato: per quanto riguarda il retail in particolare infatti, non è corretto considerare un unico mercato a livello nazionale, ma è opportuno evidenziare e distinguere le grandi differenze a livello regionale. A titolo esemplificativo, mentre i 3 best in class nel campo delle telecomunicazioni detengono il 97% circa del mercato e le prime 5 banche quasi la metà delle quote nazionali, nel retail invece, i primi 50 players condividono solo il 5% del mercato. Nonostante questo, hanno una presenza regionale molto forte e consolidata.
Per i players internazionali che stanno studiando ora strategie di ingresso, questa frammentazione è considerata un’opportunità. Non essendoci infatti monopoli o oligopoli con cui confrontarsi a livello nazionale, i nuovi entranti possono selezionare le aree emergenti in cui inserirsi e crescere di pari passo con il mercato prescelto.
A questo proposito, le strategie di ingresso sono tendenzialmente due:
- individuazione di un partner locale
- apertura di un negozio flagship test in una location chiave come ad esempio Shanghai
Nel primo caso, uno dei vantaggi della partnership è una più rapida crescita anche nelle regioni e città interne in via di sviluppo. Allo stesso tempo, l’esperienza del partner locale, può anche evitare alcune insidie logistiche o normative. La condivisione del rischio ovviamente comporta anche la condivisione dei potenziali ritorni e può presentare dei problemi di controllo.
[Pubblicato su V+ – marzo 2015]