Marianna, Daniela, Simonetta e Debora sono socie e formatrici. Hanno, quindi, due punti di vista interessanti da condividere:
- come far crescere un’attività di business al femminile (specializzata, nel loro caso, nella formazione alla vendita);
- come “fare gruppo” in un gruppo di donne.
Ci sono piaciute per il tocco “femminile” che hanno dato alla società: grafiche moderne ma eleganti, esperienza dell’utente piacevole e divertente. Non per niente il loro nome significa letteralmente “sorridere per muovere”. L’obiettivo, infatti, è l’azione, sia nelle strategie che nel training (in aula ma anche direttamente nel punto vendita). Non per niente sono donne, e si sa, quando una donna si intestardisce su un risultato, questo non tarderà ad arrivare.
Smile To Move può contare su un bel team al femminile. Come è nato questo gruppo? Come vi siete “scelte”?
Le mie socie e io abbiamo avuto una grande fortuna: poter crescere imparando dal fondatore Giampaolo Marcuzzo (“casualmente” anche mio padre!), un uomo che, oltre alla grande esperienza nel retail, ci ha trasferito un’educazione che rispetta e valorizza sempre l’interlocutore, la centralità delle persone e del team e una grande curiosità di fondo. Naturalmente, la complementarietà delle nostre competenze è un altro elemento fondamentale.
Il fattore “donna” è un elemento che si riflette sui corsi formativi che proponete? Su quali temi o mercati vi focalizzate?
Credo che sia importante per ogni azienda avere un focus: il nostro è sulla diffusione della cultura cliente e quindi sugli strumenti (competenze e procedure) che servono al professionista per arrivare al cuore delle persone e fare la differenza anche sui risultati di vendita. Insomma: così aiutiamo le aziende a trovare o ritrovare il loro focus, quello che serve a ogni business – grande o piccolo che sia – per crescere e restare. Se vogliamo, questo è un approccio un po’ femminile, qualcuno direbbe materno, ma nello sviluppo dei temi non c’è da preoccuparsi: siamo unisex! Venendo dal mondo del Retail, soprattutto moda (es. Gruppo Coin, Geox, Benetton, Stroili Oro…), c’è stato un tempo in cui eravamo titubanti nell’approcciare alcuni settori prettamente maschili, come ad esempio quello dell’industria meccanica; ma, mettendoci in gioco, abbiamo capito che il nostro know how relazionale era ancor più apprezzato da chi, fino a quel momento, era abituato a concentrarsi prevalentemente su contenuti tecnici. Dirò di più: le modalità che proponiamo sono studiate appositamente anche per abbattere le barriere generazionali coinvolgendo tutti in azienda nel miglioramento continuo (vedi ad esempio la piattaforma di microlearning che abbiamo lanciato di recente, www.traintoaction.com).
LE DOTI IDEALI PER OGNI BUSINESS
- Concretezza nella realizzazione e supervisione dei
progetti (come quella di Daniela, che riesce a coniugare
contenuti e tecniche per incidere sul cambiamento
delle persone). - Capacità di organizzazione e semplificazione (come
quella di Simonetta, capace di gestire la struttura e tradurre
i contenuti più tecnici in procedure comprensibili
a tutti). - Competenze web e digital (come quelle di Debora,
per “vedere” e guidare anche le scelte più innovative,
e comunicarle al pubblico target). - Costante ascolto del cliente (come l’impegno che
piace di più a Marianna – e che permette di mettere
fondamenta e ali a ogni business che faccia davvero
la differenza).
In base alla vostra esperienza, che cos’è l’imprenditorialità femminile oggi? Tre parole per descriverla.
In tre parole? “Una sfida continua!”. L’imprenditoria in generale lo è. Forse per le donne lo è un po’ di più perché dobbiamo e vogliamo perseguire una carriera professionale senza però far mancare nulla alle nostre famiglie…
Come cambierà il lavoro per donne come voi in futuro?
Come donne, siamo flessibili e combattive per natura. Continueremo quindi a crearci un futuro lavorativo e credo proveremo anche a implementare le reti sociali che ci servono per lavorare e gestire la famiglia allo stesso tempo. Forse però soffro della sindrome di Wonder woman!
Lo stereotipo vuole che le donne fatichino spesso a “fare gruppo”. La “solidarietà” tra colleghe è così difficile da coltivare? Voi come mantenete il team e come proteggete gli equilibri nei rapporti personali e professionali?
Sicuramente non è facile, come non è facile lavorare in team: solo perché entrano in gioco elementi come il rispetto, il compromesso, l’armonia, la condivisione di obiettivi e strategie… Insomma tutto ciò che rende impegnativo ma anche bellissimo il significato di società. Non credo che ci sia una ricetta valida per tutti per mantenere sempre alta la motivazione; quello che funziona per noi è il poter contare l’una sull’altra, il dialogo: ad esempio, saper ammettere di essere in difficoltà e saper chiedere o, al contrario, dare sostegno rende ogni sfida affrontabile.
[Pubblicato su V+ – dicembre 2016]
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