“Sbagliando s’impara!”, e ce lo sentiamo ripetere da tempo immemore, ma non sempre riguardando indietro la lezione ci è chiara. Al lavoro, a volte, ci è anche difficile capire dove si collochi l’errore: il risultato è lontano da quello sperato, ma non riusciamo ad individuare quale passaggio sia andato storto. Ed è qui che entra in gioco il leader.

La comunicazione con il team non sempre è cosa facile, soprattutto se le questioni da affrontare sono delicate, ma con i dovuti accorgimenti anche un potenziale terreno di scontro può diventare un momento di incontro, di avvicinamento e di crescita. Ecco come fare:

  1. Scegliere un ambiente tranquillo, al riparo da colleghi curiosi: affrontare questioni delicate in pubblico potrebbe dar luogo a scherni, malumori e risentimenti. L’obiettivo è supportare il collaboratore, non metterlo in difficoltà!
  2. Chi lavora può commettere errori: fissiamo bene questo concetto nella nostra mente e in quella del nostro interlocutore, per porci in uno stato d’animo di apertura.
  3. Iniziare la conversazione con un tono positivo: per non far sentire il collaboratore preso di mira, esordiamo evidenziando i fattori positivi: per esempio, dimostriamo apprezzamento per l’impegno che il collaboratore ha investito nel progetto.
  4. Non chiamarli “errori” ma “aree di miglioramento”: soprattutto se la mancanza non è stata grave, il dialogo deve essere un’analisi obiettiva, mirata alla crescita del professionista  nel suo ruolo. Incolpare con un’arida critica fine a se stessa porta solo a rabbia e delusione!
  5. Fornire suggerimenti, spunti e strumenti concreti per migliorarsi: a questo punto, il dialogo può aprirsi a prospettive future. Come, il nostro interlocutore, può concretamente superare gli ostacoli che hanno portato allo sbaglio: un’agenda meglio strutturata, maggiore concentrazione, una preparazione più approfondita dell’argomento?
  6. Prevedere un affiancamento nei passaggi difficili: non sempre le parole sono sufficienti. Garantiamo la nostra presenza (o quella di un collega più esperto) per tutto il tempo che sarà necessario al nostro collaboratore per prendere confidenza con la procedura in questione.
  7. Concludiamo con una nota positiva: sottolineiamo il contributo che il professionista sta dando all’Azienda, per fargli sentire il nostro appoggio e motivarlo così a mettersi in gioco senza paura. Lasciare a bocca amara non è mai una buona idea!

Se state già stilando una lista di potenziali “cavie” per sperimentare questo metodo, rallentate! 🙂
Concediamo sempre ai collaboratori (soprattutto se si parla di neoassunti) la possibilità di cadere e rialzarsi da soli, per conoscere i loro limiti, affinare le loro tecniche di autovalutazione e sviluppare le loro capacità di problem solving.