Una rete di vendita formata e coinvolta, lo sappiamo, rappresenta un elemento fondamentale per garantire risultati continuativi. Coinvolgere e preparare da subito le risorse attraverso un processo di induction training strutturato può creare le basi per responsabilizzare su ruolo e mansioni, diffondere identità e senso di appartenenza, stimolare fin dall’inizio comportamenti corretti ed efficaci. Tutto questo per disporre di uno staff capace di portare avanti gli obiettivi aziendali con passione e impegno. Non solo dunque passaggio di informazioni tecniche ma anche motivazione e rassicurazione per far sentire le persone nel posto giusto, per enfatizzare l’impegno dell’azienda a prendersi cura dei propri collaboratori e per trasmettere valori e filosofia nel modo più corretto e coerente possibile.
Purtroppo a volte le potenzialità di questo momento cruciale vengono sottovalutate e in fase di inserimento vengono presi in considerazione solo i fattori necessari alla collocazione in azienda, perdendo una grande opportunità di aumentare drasticamente la retention della nuova risorsa.
Eppure l’esigenza primaria del nuovo collaboratore, soprattutto se dislocato sul territorio, è quella di sentirsi fin dai primi momenti parte integrante del gruppo, essere accolto attraverso percorsi formativi dedicati e percepire che l’azienda ha a cuore la sua integrazione e la sua crescita professionale.
Secondo lo studio internazionale “Onboarding: Speeding the Way to Productivity” effettuato da Taleo Research nel 2006, meno della metà degli intervistati (48%) si sono detti soddisfatti del processo di onboarding dell’azienda per cui lavorano. E nella stessa ricerca più della metà degli interlocutori (54%) ha rilevato nel processo un’effettiva inconsistenza e discontinuità.
Se dal punto di vista dei neoassunti c’è insoddisfazione, dall’altra parte anche le aziende si rendono conto che probabilmente ci sono delle aree di miglioramento nell’affrontare questo delicato aspetto. Stando a uno studio effettuato nel 2007 da Recruitment Solutions, le aziende in media hanno rilevato che il 47% dei neoassunti decide di non proseguire il percorso intrapreso dopo 90 giorni con il 60% delle aziende stesse che citano proprio nel perfezionamento del proprio programma di induction il punto focale per invertire questa tendenza. A rafforzare questa riflessione ci ha pensato un’altra ricerca di Aberdeen Group che ha scoperto che l’86% degli intervistati concorda sul fatto che le nuove risorse confermano la loro volontà di aderire al progetto dell’azienda nei primi sei mesi di lavoro.
Puntando la lente d’ingrandimento sull’Italia, un’analisi condotta da RDA Group per conto di Kelly Services afferma che le aziende della Cina sono le più propense (77%) ad adottare un approccio strutturato volto a guidare i neoassunti e a farli integrare nell’organizzazione mentre quelle italiane si trovano sul versante opposto (36%). Ultimo dato, ma non per importanza: stando a un’analisi di LinkedIn, il 4% dei neoassunti lascia l’impiego dopo un primo giorno disastroso.
Sebbene l’onboarding risulti spesso quasi una formalità da sbrigare i primi giorni di lavoro, quello che, invece, dovrebbe rappresentare è un processo strategico da inserire di diritto negli obiettivi della mission aziendale: più velocemente la nuova risorsa sarà coinvolta nel contesto della filosofia aziendale e avrà chiaro qual è il suo compito e come svolgerlo, più breve sarà il tempo che la separerà dal contribuire fattivamente al raggiungimento degli obiettivi.
Nel prossimo articolo parleremo di come strutturare un corretto induction training.
[Pubblicato su Persone & Conoscenze – dicembre 2016]
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