Quanto costa il turnover? Tanto: costi di ricerca e selezione, affiancamento e formazione dei neoassunti, in certi casi produttività ridotta, ritardi nelle consegne, e quindi… clienti insoddisfatti. Una spesa, questa, che neanche i migliori si possono permettere. Per limitare questi disagi, le aziende investono ingenti capitali nel tentativo di aumentare l’engagement, eppure il tasso di ricambio del personale è in aumento: recenti studi evidenziano che mediamente un giovane lavoratore rimane nella stessa azienda all’incirca 3 anni. Siamo ben lontani dalle precedenti generazioni, in cui non era raro raggiungere la pensione dopo 30 o 40 anni di onorata carriera all’interno di una stessa realtà lavorativa! Cosa sta succedendo? Non ci soffermeremo sulle dinamiche psico-sociali che spingono i millennials a questo continuo cambiamento (ne avevamo parlato qui http://www.smiletomove.it/formazione/i-millennials-in-azienda-come-sfruttare-il-loro-potenziale/), ma ci chiediamo: dove si sbaglia?

L’errore, potrebbe stare nella datata e diffusa credenza che l’engagement si identifichi e si limiti alla valorizzazione del lavoratore: le gratifiche sono certo importanti, come lo sono i benefit, ma è ormai risaputo che l’aspetto economico non occupa il primo posto, per i dipendenti. Perché loro non vogliono solo essere valorizzati, ma vogliono soprattutto creare valore: vogliono sentirsi parte attiva del successo dell’Azienda, e non solo per condividerne i vantaggi. Solo così l’engagement potrà impattare in maniera decisiva sul turnover.

Può sembrare un concetto difficile da applicare, ma si può iniziare da qui:

  1. Illustrare chiaramente vision e mission aziendali, perché ognuno abbia bene in mente i valori da trasmettere e la direzione verso cui ci si sta muovendo;
  2. Condividere, anche sul corto raggio, obiettivi concreti, specificando in che termini questi competono a ciascuno (“Il budget di oggi è di €€€, per quanto riguarda il vostro reparto è di €€”);
  3. Spiegare l’importanza del ruolo ricoperto (ad esempio: “Il ruolo di venditore è fondamentale perché rappresenta il vero contatto tra il Brand e il Cliente finale…”);
  4. Far capire quali specifiche caratteristiche della persona possono contribuire concretamente a raggiungere un risultato (“La tua ottima dialettica, la tua solarità e le tue capacità di problem solving possono essere decisive per…”);
  5. Aggiornare sui risultati e congratularsi a obiettivo raggiunto, ribadendo l’importanza del singolo, oltre, naturalmente, quella del team.

Spesso il quinto punto viene menzionato da solo, ma senza il supporto dei primi 4 perde il valore che può fare la differenza.

Sicuramente questa modalità richiede tempo e concentrazione da parte del leader, ma a livello di investimenti concreti il costo è pari a zero.
In questo caso, possiamo proprio dirlo: perché non tentare? Non costa nulla!

 

Fonte: “The Key to Employee Engagement Isn’t What You Think” di Kevin Cope  (www.trainingindustry.com)

Foto di Sebastiaan ter Burg