Che cos’è lo abbiamo intuito tutti: si tratta di mixare logiche di gioco e di selezione per individuare talenti. Il ruolo della recruiting gamification è infatti quello di supportare le HR nella prima scrematura, da un lato simulando l’approccio classico (il “parlaci di te”, per esempio, diventano 140 caratteri a disposizione per descriversi brevemente), dall’altro strizzando l’occhio ai giovani, con prove da superare, percorsi a punti, sfide online, quiz a tempo e molte altre attività pseudo-ludiche studiate ad hoc. Un’altra possibilità è quella di sfruttare discipline già esistenti per testare specifiche skill, come ad esempio alcuni giochi da tavolo, dove un giocatore che si distingue dimostra ottime capacità decisionali e di lavorare in team, attitudine alla sfida e al raggiungimento di risultati, oculatezza nell’utilizzo di risorse e così via.

Ma quali sono i principali pro e contro dell’utilizzo di giochi nella selezione del personale? Abbiamo analizzato il metodo per voi ed ecco cosa ne pensiamo:

I vantaggi:

  • Facilita la valutazione delle reali skill: la selezione diventa meno legata alla valutazione del CV e dei titoli di studio e più orientata a testare il concreto potenziale dei candidatiper quello specifico ruolo. Nel contempo, si riduce lo spazio per quei criteri di valutazione discrezionali che hanno suscitato tante polemiche in passato, garantendo così un giudizio più obiettivo e affidabile.
  • Riduce i costi operativi: per ogni posizione aperta, il recruiter si trova a spulciare fra decine, centinaia di CV, troppo spesso inviati senza una reale conoscenza del ruolo per cui ci si sta candidando. Risultato? Uno sforzo smisurato e spese eccessive. Affidare la prima scrematura ad un’automazione attentamente studiata, permette all’azienda un tangibile risparmio fin dal primo utilizzo.
  • Attira ed esamina più candidati: un metodo innovativo – e ancora poco sfruttato – incuriosisce e cattura l’interesse di un numero superiore di candidati rispetto ai metodi tradizionali. Inoltre, la ricerca ha solitamente tempi molto stretti e una piattaforma di gamification consente di esaminare un numero potenzialmente illimitato di players, accorciando i tempi di selezione.
  • Aumenta l’engagement sin dal primo contatto: non è solo il candidato a dover far colpo sul recruiter, ma anche l’Azienda deve saper conquistare i talenti migliori. Presentarsi con un approccio innovativo è sicuramente un buon punto di partenza, soprattutto se parliamo di entry-level riservati perlopiù ai millennials, che nel 2025 varranno il 75% della forza lavoro mondiale.

Gli svantaggi:

  • E-recruiting vs face to face: può sembrare di sacrificare il “contatto umano”, ma ricordiamoci che i candidati che supereranno la fase di gamification avranno accesso a un classico colloquio esattamente come i candidati che inviano il CV più appetibile. D’altro canto, anche nella selezione tradizionale, ai profili meno adatti viene spesso comunicata la decisione per via telematica.
  • Investimento iniziale: sia i contenuti che la piattaforma hanno un costo che può apparire elevato, se paragonato ai costi di selezione di una singola figura. Potrebbe sembrare, perciò, uno strumento più indicato per aziende medio-grandi che effettuano ricerche frequentemente… Potremmo però ricrederci confrontando l’investimento con il risparmio di tempi (revisione CV e colloqui) che può generare!

E se vi dicessimo che abbiamo già pronta a un’alternativa altrettanto elettrizzante e molto più in linea con il budget che avete in mente? Curiosi? 🙂

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