“Il problema dell’Europa, rimasta indietro nelle tecnologie digitali, non è la mancanza di talenti. È un problema culturale: vi manca la cultura del fallimento. Pochi provano. Troppa paura di sbagliare: da voi chi fallisce è marchiato a vita. Qui, invece, riparte subito: riprova, mette a frutto la lezione appresa con l’insuccesso. Ma, più ancora di questo, a voi manca la cultura del successo: se vinci la tua sfida e guadagni parecchio non vieni celebrato, vieni avvolto dal sospetto: chi sta soffrendo per colpa tua? A chi hai fatto del male mettendoti in tasca tutti quei soldi? Pensi di meritarli? Non dovresti darli a chi ne ha bisogno? Un giovane imprenditore che ha successo deve quasi nasconderlo. È terribile.”
Ci vede così Brian Cohen, presidente dei “New York Angels”, una delle più importanti società di finanziatori di start up, intervistato recentemente da Massimo Gaggi.
La mancanza della cultura del rischio viene letta da Cohen come il più grande limite allo sviluppo e all’espressione dei talenti. Ed è un limite che trova radici nella famiglia, nell’immagine sociale, nel gruppo di amicizie e nel contesto lavorativo.
A livello imprenditoriale, le start up rappresentano delle scommesse. “Aziende che si focalizzano come laser su qualche pezzo dei business dei grandi gruppi, riuscendo a fare le cose meglio e a prezzo più basso. Sono piccole, certo, ma sono anche agili”.
Ci vuole sicuramente coraggio, bisogna credere fortemente nella propria idea e lasciarsi trasportare dalla propria ispirazione.
Alcuni ingredienti della ricetta per iniziare un progetto con successo?
- Passione
- Motivazione
- Entusiasmo
- Empatia con il proprio team
- Capacità di gestire il fallimento
- Capacità di individuare anche servizi low cost (uffici in co-working, pezzi di software disponibili sul mercato,…)
- Investimento sui talenti
- Creatività
- Fantasia nel problem solving
Amalgamare bene e cuocere a fuoco vivo, e fare in modo che la fiamma non si spenga mai. O, in caso, avere sempre un accendino a portata di mano. Per ricominciare.