Da quando ho iniziato a occuparmi di strategie di marketing e attrattività del negozio in Smile to Move, sono più ricettiva nei confronti degli allestimenti dei punti vendita: osservo con più attenzione le vetrine e cerco di fare un’analisi oggettiva dell’input di concentrarmi un po’ di più sull’esposizione della merce o, al contrario, dell’istinto di tirare dritto se la vetrina non è inclusa nel mio campo di interesse.
- Cosa influisce sulla mia decisione inconscia di fermarmi a osservare?
- Cosa fa scattare il desiderio di dare un’occhiata all’interno del negozio?
- E quando l’attrattiva iniziale è stata innescata…cosa mi respinge fuori un attimo dopo?
In questa occasione non mi limiterò a fare il riassunto dei tanti saggi di psicologia che rispondono esaustivamente a queste domande ma argomenterò la tesi con situazioni reali e sulla base della mia personale percezione. Eccovi qualche esempio…
Il rumore
Ok, il mio udito è molto sviluppato perciò suoni troppo acuti e bassi eccessivamente martellanti mi fanno innervosire. In quei negozi dove la musica battuta è impostata a livelli esagerati, i miei piedi si dirigono inesorabilmente verso l’uscita. Una volta, nonostante il volume a palla, sono riuscita a portare a termine l’acquisto ma non ho resistito a dire la mia alla cassiera: “Mi scusi ma ritengo che il volume della musica sia troppo alto!”. “Mi spiace, ma purtroppo non dipende da noi ma dalla Dirigenza”. Qualche tempo dopo, sono ritornata nel punto vendita e magicamente la musica era impostata su livelli più accettabili per le mie orecchie fini. Sarà tutto merito della mia segnalazione?
Il freddo
Come tutti soffro il caldo. Ma temo terribilmente il clima da abbattitore che incombe in certi negozi d’estate. Mi dimentico sempre di portare un termometro per registrare la temperatura (ma perché dovrei girare col termometro in borsa?) ma mi basta sentire la pelle d’oca per capire che forse il condizionatore è impostato sui 18°C. Quando mi trovo in questa situazione diciamo un po’ indisponente, cerco di fare l’acquisto nel minor tempo possibile. Ma se non sono già orientata sul prodotto rimango pochi minuti nel locale ed esco giusto in tempo per non congelarmi: sono entrata in T-shirt e gonnellina perché fuori è un caldo insopportabile ma dentro non mi aspettavo un’accoglienza così fredda!
La luce
Ho osservato che quando vado all’Ipermercato a fare la spesa e magari è l’ora del caffè, dopo una minima incertezza iniziale il mio passo si dirige verso il bar di destra anziché verso quello di sinistra, nonostante a destra il caffè costi 10 centesimi in più. Complici i miei studi in architettura e la passione per le riviste d’arredamento, ho finalmente intuito cosa mi attrae di più nel bar in cui adesso sto bevendo il caffè. Il bancone è proteso verso la galleria principale, luminosa, ben esposta alla luce naturale, c’è sempre tanta gente che si ferma a chiacchierare. L’altra caffetteria, ahimè, riceve questa luce solo di lato e peggio ancora, l’allestimento sul retro è tutto nero, illuminato da pochi faretti a soffitto. Il caffè lo prendo qua solo quando sono mossa da compassione – non c’è nessuno al bancone – o se voglio risparmiare i 10 centesimi!
Gli odori
Certi odori nei negozi sono talmente forti, penetranti, speziati, che mi ricordano il mio viaggio in India! Quando mi capita di entrarci, devo impostare le narici in modalità “offline”, almeno fino a quando mi è possibile. Le fragranze di altri Stores invece mi fanno sentire come se stessi passeggiando in un parco di magnolie, lungo il vialetto ghiaioso tra rose e narcisi…eh, grazie tante: sono entrata in una profumeria! Il riciclo dell’aria fa però la differenza e a naso percepisco dov’è carente: in alcune situazioni si respira davvero una cappa pesante e allora la mia fervida immaginazione vede particelle di microrganismi non meglio identificati librarsi leggere nell’aria e farmi l’occhiolino!
La fretta
Dovevo acquistare delle scarpe da ginnastica, il commesso al quale ho chiesto aiuto non mi prestava troppa attenzione, sembrava agitato, aveva fretta di proporre gli articoli e concludere la vendita. Forse aveva solo l’urgenza di finire di sistemare gli scaffali perché il negozio avrebbe chiuso entro mezz’ora. Nel dubbio amletico – le scarpe sono o non sono così necessarie – ho rinunciato all’acquisto perché l’impazienza del commesso mi ha messo a disagio. Risultato: le scarpe da ginnastica non le ho ancora prese in nessun altro negozio.
Tirando le somme, si potrebbe concordare che l’attrattiva o meno verso un punto vendita o un potenziale acquisto, dipende anche da innumerevoli sfumature percettive e sensoriali che, pur essendo soggettive, possono fornire molti indizi su come orientare le strategie di vendita di un negozio. Lo confermo!