Sul fatto che l’empatia sia una delle competenze fondamentali per chi lavora nel retail, il consenso è ormai unanime. Un servizio attento si basa anche e soprattutto sulla capacità di creare una connessione quasi intima con il Cliente, partendo da una fase di ascolto e scoperta delle sue emozioni ed esigenze per poi rielaborarle e integrarle nei comportamenti di vendita.

La sfera emozionale è dunque al centro dell’esperienza in negozio, una leva importantissima per toccare i tasti giusti e accendere l’interesse del Cliente con una proposta personalizzata.

ANCHE IL CAPPUCCINO DIVENTA DIGITALE

A servizio dell’empatia e della scoperta delle emozioni intervengono in modo sempre più preponderantele tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale. Proprio ieri, durante la pausa caffè in una nuova bakery, ho osservato come il locale permetta al Cliente di personalizzare tramite app il messaggio o l’immagine da riprodurre sulla schiuma del cappuccino. Nella bakery è inoltre presente uno schermo interattivo in cui il Cliente può segnalare intolleranze o allergie, ricevere consigli sulle cupcake più indicate e dare un giudizio finale sul servizio.

Vi sarete senz’altro accorti che Facebook non si accontenta più di un “Mi piace” ma ci chiede di esprimere le nostre reazioni usando un’ampia varietà di emoticon.

Infine, per realizzare i nostri desideri più insoddisfatti, esistono applicazioni come Snap, Find, Shop del luxury retailer americano Neiman Marcus, che consentono di caricare l’immagine di un qualsiasi “oggetto del desiderio” e ricevere suggerimenti personalizzati di acquisto presenti sul sito dell’azienda.

Nel tentativo di indagare le intenzioni reali e i bisogni latenti dei Clienti, il digitale diventa quindi un asso nella manica. Ma è sufficiente per creare empatia? Di fronte a una shopping experience altamente tecnologica, quale valore aggiunto può dare il personale di vendita?

THE HUMAN TOUCH

In realtà è proprio la pervasività delle tecnologie digitali a dare importanza ai tocchi umani, proprio perché più caldi, unici e intenzionali: in altre parole, più empatici.

Per il personale di vendita, la sfida diventa dunque trasformare tutte le opportunità di contatto diretto (sempre meno frequenti) in pillole di eccellenza, con l’obiettivo di far vivere al Cliente un’esperienza quanto più personalizzata grazie agli strumenti che l’empatia ci fornisce.

Tra questi, le capacità di ascolto e osservazione ci aiutano a cogliere anche i segnali meno ovvi. E, di conseguenza, i bisogni non dichiarati dei nostri Clienti. Una delle doti necessarie per coltivare queste competenze è la curiosità, il desiderio sincero di conoscere la persona che abbiamo davanti sforzandoci di immaginare quali possano essere le sue vere esigenze. Anche la capacità di immedesimarsi nel Cliente è fondamentale; per svilupparla, possiamo riflettere su esperienze simili provate in prima persona, sulle emozioni positive che ci hanno fatto vivere e sul ricordo che ci hanno lasciato.

Un esempio? Una giovane donna che entra in un negozio di abbigliamento con un bebè  al seguito [ogni riferimento personale è assolutamente non casuale! 🙂 ] avrà probabilmente la necessità di acquistare capi che la riportino in contatto con il suo lato femminile senza rinunciare alla comodità e di fare shopping in velocità, possibilmente senza passare per il camerino. Come può un’assistente alle vendite cogliere tutti questi aspetti? Mettendosi nei panni della persona di fronte, non soffermandosi soltanto su ciò che viene detto (“Avrei bisogno di un paio di jeans nuovi…”), ma anche sugli aspetti non verbali (La donna indossa del make-up? Che abiti porta? Sembra andare di fretta? È da sola?) e sul desiderio di indagare a fondo le sue esigenze reali (Quali potrebbero essere le motivazioni di questo acquisto? Cosa potrebbe temere la persona? Come vorrebbe sentirsi?)

Una volta colti i bisogni espliciti e quelli latenti, l’empatiaci aiuta a elaborare la proposta rendendola più personale, anche differenziando il racconto del prodotto. Ed ecco che un robot da cucina diventa un prezioso alleato di produttività per la signora indaffarata, ma anche uno status symbol di design per il single aspirante gastronomo. Oltre a elencare i vantaggi concreti (“Mentre il robot cucina, lei potrà dedicarsi ai suoi nipoti”), il personale di vendita potrà anche usare lo storytelling per raccontare la storia del prodotto, il nome del designer o gli chef che lo utilizzano per creare una connessione emozionale in cui il Cliente si possa ritrovare.

Infine, ascoltando attentamente le intenzioni del Cliente, il personale di vendita può aiutarlo a contestualizzare l’acquisto in base alle occasioni d’uso. Visualizzare l’articolo proposto in un contesto più specifico aiuta infatti a dare un valore aggiunto all’acquisto, rendendolo più pertinente per il Cliente. La donna in carriera interessata a una shopper potrebbe trovare interessante la possibilità di abbinarla a un outfit da sera o di usarla anche come gym bag. In alcuni casi la contestualizzazione può servire anche a proporre articoli più costosi o apparentemente distanti dai bisogni espliciti del Cliente, dandogli lo spunto per immaginarne l’utilizzo in un ambito pratico e puntando magari su aspetti come l’originalità o la versatilità.

 

Grazie all’empatia gli assistenti di vendita possono quindi contare su un’importante opportunità da non lasciarsi sfuggire: quella di diventare osservatori privilegiati per far vivere un momento unico e profondamente personale ai loro Clienti. Allo stesso tempo, la tecnologia non va intesa esclusivamente come il fulcro della shopping experience, ma come occasione per fare la differenza e ridare valore al fattore umano.