Nell’architettura moderna, il genius loci è un termine che indica l’interazione tra ambiente e identità. Le origini si perdono nella mitologia e negli dèi dell’Antica Roma, dando una connotazione quasi divina e soprannaturale allo “spirito del luogo”.
Una sorta di anima quindi, che emoziona, respinge, sorprende, accoglie, guida.

Ogni posto, che sia casa nostra o il supermercato, l’ufficio, la boutique, ha una sua “anima”.

Provate a pensare a quando siamo turisti. Per scegliere il posto dove mangiare ci facciamo guidare dall’accoglienza che percepiamo. Una musica non coerente, un’illuminazione ambigua, quel non-so-che che ci dice “qui non mi piace”. E scegliamo di non entrare.

Oppure proviamo a rispolverare i nostri ricordi di scuola…era solo un’aula, ma le esperienze vissute lì, l’odore inconfondibile dei banchi, quel cigolio della porta, la finestra che si apriva solo con un colpetto ben assestato. Era la nostra aula. Ognuno di noi ha un ricordo più o meno affettuoso verso quel luogo, dove forse non tornavamo proprio volentieri ogni mattina, no?

La stessa cosa succede quando facciamo shopping. Siamo attratti da ciò che fa suonare le nostre corde, da ciò che sembra rispondere ai nostri desideri e genera in noi emozioni positive o curiosità.
Io, personalmente, tendo a evitare negozi con musica rap ad altissimo volume e vestiti coloratissimi dai disegni aggressivi. Piuttosto entro in un punto vendita luminoso, con colori raffinati e meno caotico. Che rispecchia anche di più il modo in cui affronto la vita.

Tutte queste nostre emozioni, le nostre reazioni di fronte a un prodotto o a una location, le volte che siamo entrati e abbiamo acquistato in un negozio: tutti i nostri comportamenti d’acquisto dialogano con il genius loci del punto vendita.
Genius loci che, nell’ambito commerciale, è costruito dal Visual merchandiser sulla base di approfondite analisi dei nostri modi di agire e di acquistare.

Noi clienti siamo inconsapevoli spettatori di un bel film proiettato apposta per noi, per intercettare proprio quelle nostre vibrazioni e farci comprare il biglietto d’ingresso. E magari anche i pop corn. E magari la prossima volta ci torniamo con l’amica.

Il Visual merchandiser, da abile regista, scrive la scenografia. Allora ecco che si preparano gli attori principali: vetrine, manichini, punto focale, materiali informativi, appenderie, tavoli, in-store communication. E il resto del cast: le luci, i colori, i suoni, i profumi

Ogni elemento ha un impatto sul nostro comportamento di acquisto e sulla nostra reazione al prodotto. Un allestimento insolito può scatenare la nostra curiosità, una musica particolare può evocare in noi la voglia di un determinato cibo.

Ecco due esempi di studi analitici sulle reazioni dei clienti a specifici elementi di Visual merchandiser:

Il Set (ovvero lo Spazio di Vendita)
In una recente pubblicazione di Karin Zaghi (“Visual merchandising – Orientamenti e paradigmi della comunicazione del punto vendita”, 2014) viene citato uno studio di QT (società milanese di ricerca e consulenza di marketing) sul comportamento della clientela in un punto vendita sperimentale Aspesi che unisce la moda a opere d’arte contemporanea. Un allestimento innovativo e creativo, che attirava e incuriosiva i passanti. E che li coinvolgeva anche all’interno, invitandoli a sedersi sui cuscini e giocare con una vera e propria pista di macchinine. Gli espositori artistici creavano sicuramente originalità promettendo al visitatore un’esperienza unica e irripetibile. Ma rinnovabile, come un invito a ritornare.
Lo studio dimostrava che la percentuale di entranti era superiore alle media rispetto ad altri negozi monomarca, e che la clientela era disposta a restare in negozio parecchio tempo. L’incontro tra moda e arte animava in modo inatteso il punto vendita, che in questo modo diventava un luogo da visitare, guardare, vivere.

La Colonna sonora
Il suono agisce sullo stato emozionale, evocando sensazioni che altri strumenti di marketing non sono in grado di far emergere. Per “sound branding” si intende l’elaborazione di un elemento sonoro come brand positioning. Il suono influenza: i tempi di permanenza in negozio, la percezione del brand e il processo di selezione del prodotto.
Uno studio australiano, riportato in un articolo di Focus di ottobre, ha confermato che la colonna sonora di negozi e ristoranti influenza i nostri acquisti. Ai volontari dello studio veniva proposto un menu internazionale e poi veniva fatta ascoltare della musica (cinese, australiana o statunitense). I partecipanti avevano poi il compito di selezionare un piatto. Quelli più ricordati e scelti erano in linea con la musica udita: chi aveva ascoltato brani statunitensi era più incline a ordinare un bel hamburger.

 

Ogni volta che ci approcciamo all’acquisto, inevitabilmente ci confrontiamo con le nostre emozioni e con gli stimoli che ci arrivano dal mondo esterno. Interagiamo con le luci, con le geometrie, con i percorsi, i suoni. E ci troviamo protagonisti di un cortometraggio che il Visual merchandiser ha prodotto a regola d’arte per invitarci ad entrare.

 

FONTI:

  • “Visual merchandising – Orientamenti e paradigmi della comunicazione del punto vendita” di Karin Zaghi, edito da Franco Angeli (2014). Cap.13 “La valutazione dell’efficacia dell’attività di store design in chiave esperienziale”. Paragrafo 2. “L’analisi osservazionale” di Giusi Scandroglio, managing director presso QT Srl (Milano)
  • “Le note giuste per farci comprare…” – Focus nr. 276 (ottobre 2015)

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